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Mare, viaggio nel mondo antico tra pericoli e opportunità

Mare, viaggio nel mondo antico tra pericoli e opportunità

GIANFRANCO MOSCONI, 'MARE' (INSCHIBBOLETH EDIZIONI, pp. 276 - 20 euro) Ostile, imprevedibile, pericoloso, eppure strumento di ricchezza e di scambi di idee: nel mondo antico il mare celava mostri terribili ma era anche il mezzo per conquistare potere, ricchezze e cultura. Greci e Romani vedevano nel mare lo spazio delle opportunità e dell'arricchimento, la via attraverso cui si diffondevano notizie e idee, merci e piaceri, uno strumento di dominio militare superiore a quello terrestre e l'ambito in cui si manifestavano le migliori doti umane, l'ingegno e la capacità di collaborare per il bene comune. Nel libro 'Mare' della collana Le parole degli antichi, lo storico Gianfranco Mosconi affronta il ruolo del mare nell'immaginario del mondo antico, soprattutto di Greci e Romani, per i quali aveva un significato ambivalente di paura e sofferenza e allo stesso tempo di sfida e di opportunità culturali. Nel mondo antico le storie dei naufragi sono ricorrenti, così come l'Odissea, dove il mare è protagonista, si apre con Ulisse che naviga sempre fuori rotta fino ai margini del mondo, dove è il mare con le forze dei venti e delle onde a dominare l'uomo. Eppure la maledizione della navigazione altro non è che il rovescio dell'indispensabilità e vantaggiosità del mare, che "non sarebbe così temuto se non fosse così usato", si legge nel testo del libro di Mosconi. D'altronde andare per mare anche per gli antichi abbreviava i tempo dei viaggi: non vi rinunciavano anche se lo temevano. Infatti nell'Odissea accanto alle scene di naufragi ci sono anche le descrizioni di una navigazione felice come quella di Telemaco con il vento in poppa. Nel capolavoro di Omero ci sono elementi marittimi realistici in un Mediterraneo riconoscibile ed elementi fantastici con avventure impreviste e creature mostruose come le sirene e Scilla e Cariddi, 'mostrificazioni' dei pericoli del mare. L'autore ne esplora le rappresentazioni mitologiche, come Scilla e Cariddi, e la paura di andare contro le rocce e di esserne risucchiati; e analizza il ruolo delle Sirene, cioè il pericolo dell'abbandono alla stanchezza e quelli del riposo durante la navigazione. Racconta anche l'episodio di Eolo e il sogno di dominare i venti, grande dono che il dio greco fa a Ulisse per portarlo a Itaca. Il naufragio è un elemento letterario, un topos ricorrente nel mondo narrativo degli antichi; anche nel Nuovo Testamento si parla di un viaggio difficoltoso di San Paolo diretto a Roma quando la sua nave fa naufragio a Malta prima di arrivare in Sicilia. Nella letteratura latina i Romani riproducono gli stessi temi dell'imprevedibilità del mare ma sottolineano anche l'esaltazione dei vantaggi della navigazione: Cicerone, per esempio, spiega che Roma non sarebbe diventata un grande Impero se non fosse stata sufficientemente vicino al mare da poter godere dei vantaggi che ne derivano. "Stare sul mare corrompe, ma starne vicino dà il potere della dominazione", si legge nel libro. Il mare diventa così spazio di opportunità economiche e di conoscenza, segno di civiltà e di ingegno

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